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  • Mina (nato il 15/11/2022)

  • Mina. Il lavandino tintinna. Il bagno si spegne. Che rumore. Che squallore.
    Mina. In questo posto si boccheggia. Esci e vai in sala,
    piccola e confusa; di qua vestiti accovacciati in un angolo, di là
    tubetti vuoti color mandarino.
    Mina? Incespichi nel buio fino al comò. Lo apri e ti chiudi.
    E questo posto si stringe.
    E questo posto si stringe.
    Mina! Si annaspa! È laggiù la finestra…
    Ma lassù le sigarette.
    Un faro nell’oceano. Viri verso il comodino e plani sul pacchetto traballando come una marionetta.
    Un'altra scatola è aperta; avevi detto che smettevi.
    Sollevato l’accendino; avevi detto che
    smettevi.
    La miccia è innescata, non ci vedi. Una vampata. Un’altra. Un sospiro. Sboccia nella penombra un petalo di rosa.
    Puoi inspirare quanto vuoi. Ma non serve a niente; già lo sapevi.
    Il fiato resta corto. L’anima sempre duole; è sporca.
    Arrivi alla finestra e la spalanchi; il corpo nudo vibra nel gelo.
    I gomiti piantati sul cornicione, le dita tremolanti affondano nei capelli corvini.
    Chiusi un attimo gli occhi,
    ascolti: la riservatezza dello scalo ferroviario. L’imponenza cadente dei quartieri popolari.
    Le squame di quel campanile in cui vive un Dio che non ti conosce.
    Il tumulto del tuo petto si disperde bieco nella sconfinata desolazione urbana.
    Smetti di tremare.
    Un gatto strilla dall’officina diroccata; il lamento storto di un violino.
    Le palpebre si sollevano.
    È Novembre e ancora ronzano le mosche.
    Non c’è tregua. Non c’è scampo. Ci sarà mai?
    Pensi e rimugini e lasci che la cenere del tuo dolore nevichi piano sulla città ignara.
    Resti a guardare i vagoni merci giocare a nascondino con i grassi fiotti di nebbia. Le rotaie che si perdono in un orizzonte inesistente.
    Le braccia dipinte come le foglie d’autunno; avanzi guasti di un’offensiva mal riuscita.
    Mina. Ancora una volta il mostro ha mangiato. È caduto assopito, acciambellato ai margini della tua gola; russa.
    Mina. Il mostro ha mangiato. È sazio. Inizia l’ora d’aria; riponi coltello e tovagliolo e lasciati dormire.
    È una lotta che sciupa: consunti e slabbrati.
    È una lotta che esige: incubi e ombre.
    Ormai non esisti che un disegno sbiadito:
    ossa e pensieri;
    l’empietà di un involucro vuoto.
    Mina, ogni sera è l’ennesima tacca
    incisa sul muro della tua galera.