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  • Sarà che forse sono un colabrodo (nato il 02/11/2022)


  • Ciao caro.
    Stanotte ho buttato le sigarette nel cesso. Si, l’ho fatto: pacchetto nuovo, comprato oggi pomeriggio. Però la plastica l’ho tolta prima; non mi sembrava giusto per il mondo. Sì quella l’ho messa nella differenziata. E già che c’ero ho tolto il sacco pieno e ne ho messo uno nuovo. Poi però ho pensato che era il caso di buttarlo, quello vecchio. E l’ho fatto; anche se sono nuda, anzi in camicia, sono scesa per le scale condominiali, ho aperto il ferroso cancello, aperto il cassonetto e buttato il sacchetto. Poi ho risalito le scale e sono tornata in casa. Ho pensato che magari potevo anche dare una scopata per terra. Una scopata… sì, la scopata mi ha fatto pensare a te. Ho agguantato la scopa come avrei fatto con te. Un po’ incazzata e un po’ con quel senso che stai lasciando andare via un pezzo caldo di vita. Una scopata… no, veramente non la chiamerei così. A me manca fare l’amore con te. Scopare è un’altra cosa, una cosa che mi manca un po’ meno. Scopare lo posso fare anche da sola; a fare l’amore da soli ci vuole un po’ più di fantasia, troppa, così tanta che alla fine ti lascia solo a chiederti se sei un patetico o un reietto. Forse tutti e due. Forse tutti e due… però alla fine mi piacerebbe anche poi solo parlare; non so di cosa, un po’ di tutto credo. Anzi, in realtà è una stronzata. A me piacerebbe anche solo ascoltarti. Perché mi piace ascoltarti. E’ un po’ sdolcinato, come questo miele che metto ora nella tisana: fa un po’ venire il mal di denti, ma è vero, è così. Mi piace ascoltare le cose che dici, vedere le facce che fai nel dirle, abbracciare ogni volta un pezzo nuovo di te, prendermelo con me. E’ un po’ un regalo che ci si fa a vicenda senza nemmeno rendersene conto: la cosa più spontanea che c’è. Ma quando mi arriva da te… ah è tutta un’altra storia. Lì è proprio fare l’amore. E sì che a me parlare piace, eh: raccontare storie è quello che faccio. Però non mi salta nemmeno in mente di fare più che annuire quando quelle labbra le muovi tu. E’ subito un silenzio abissale. Anche perché dalle labbra si scivola agli occhi in un attimo e mi piace guardarci dentro a quegli occhi tuoi, perché hanno quel colore indefinito che in capo a un giorno ti tiene la testa impegnata per ore a capire se è più sul colore della libertà o dei boschi dopo un temporale. Non ho ancora trovato una risposta.
    Diciamo che a te ti ho perso, ma i tuoi occhi me li sono decisamente tenuta. Mi chiedo come fai a vederci in giro senza, infatti. Forse li chiedi in prestito a quell’altra che ti tocca nel buio in posti che un tempo erano miei. Non so… però credo che tu sia comunque felice, anche senza occhi. Alla fine gli occhi ti servono fino a un certo punto: il mondo ce lo puoi anche vedere attraverso le cose che ti toccano se ti toccano cose forti abbastanza, cose che vuoi davvero, cose che ti piacciono tanto. E magari gli occhi non li vorrai mai nemmeno più indietro, come quella felpa che in realtà ti dovevo ridare, ma mi sono tenuta. “Perchè è bella, perché è comoda”… sì, sì… perché è bella e comoda . Stronzata. L’ho tenuta perché non volevo crederci che ancora una volta per nessun plausibile motivo era il momento di lasciare andare. E non capisco… non capisco proprio tante cose. Sarà che forse sono un colabrodo a cui scivola tutta l’acqua tra le dita. L’unica differenza è che io non mi sentivo nata per perdere. A me piace la carne, mi piace la vita; cose che attraverso quei buchetti non ci passano. E mi piace poi pensare che posso anche dare piacere alla vita altrui, trattenerla, riempirla, arricchirla, tenerla al caldo. Tutto il contrario di un colabrodo, insomma. Ma l’acqua per qualche ragione cola lo stesso ed io mi aggrappo ai fiotti come si fa con la mano di qualcuno che ti scivola giù per un burrone. E tu ti lanci a prenderlo convinta che si lascerà stringere, perché è la cosa più sensata che ci si possa aspettare. E questo invece di cercare il tuo tocco, si butta le mani su occhi e orecchie e cade nel vuoto a sparire nel buio. Inspiegabilmente…  Ma perché? Non si capisce. E’ davvero meglio svanire tra le ombre che tenermela stretta quella mano? Non capisco. Forse ho sbagliato da qualche parte, ma a me comincia sempre di più a sembrare un brutto scherzo. Non ho trovato manuali che ti spiegano come si raddrizza un brutto scherzo, però. E allora studio, mangio, fumo, leggo, vado in bici, faccio la spesa, a volte non ci penso e rido; ho pure baciato un paio di ragazzi, che forse non erano un paio, ma più un paio di dozzine. Mi è piaciuto, divertente, certo, ma è stato strano andare a puttane nella lingua di tutti quegli uomini… perché sì, insomma; di andare a puttane si tratta. Venti euro, due drink inclusi e musica dance dalle 23 alle 4:30… a differenza dei tuoi, quei baci me li sono davvero tutti comprati. Se non è prostituzione questa… però per carità, non si butta via niente. Diciamo che mi è piaciuto un po’ molto nel corpo ed un po’ poco nell’anima, ma una cosa vale poi l’altra per distrarsi, passar il tempo… divertirsi… eppure gira e rigira comunque ora sto seduta qua da sola e fuori è venuto il freddo. Fuori fanno di colpo dieci gradi, forse addirittura un po’ piove. E’ notte fonda e non ho sonno e non ho nemmeno più le sigarette. Le ho buttate nel cesso insieme ai miei 5,40 Euro. Il bel risultato? Sono le due. Non dormo. Ho sonno. Ti penso. Fa male. Ho sprecato 5,40 Euro. Questa tisana sa di plastica. Mi sono fatta quattro rampe di scale in piena notte e in piena nudità per buttarla, la plastica. E ancora una volta vango dentro me stessa e ci tiro fuori solo valanghe di domande irrisolte e la consapevolezza di essere una cogliona.
    “Oi. Ma hai finito di far del casino?!”
    Cazzo.
    “E che ca’! E lo sciacquone e la porta e i secchi e lo sgabuzzino che cigola e il microonde e bip bip, bam, pom… e basta! Mortacci tua!”
    Ha ragione. Basta, mortacci tua. E anche un po’ mia. Mortacci mia…